mercoledì 20 gennaio 2016

La città andalusa delle corride, Ronda; La fenicia Cadice





di Rita Frattolillo


Questa volta preferiamo l’Andalusia “minore”, ma non meno pittoresca né meno ricca di Storia.
 Entriamo nella cittadina di Ronda dalla porta Almukaba, nome arabo che significa “Porta delle anime”, perché di qui passavano i cortei funebri che accompagnavano i defunti fuori città.
Ronda, a 700 m. sul l.m., è un misto ben riuscito di reminiscenze romane e arabe.
Il nome, ad esempio, è latino: infatti l’antica Arunda era una città romana, che, benché fortificata, cadde, dopo parecchie incursioni, in mano musulmana, e in mano loro rimase, fino a quando i piccoli regni cristiani -  in primis la regina “cattolicissima” Isabella di Castiglia y Leon - un giorno di Pentecoste, la ebbero vinta e la conquistarono dopo molti tentativi, approfittando delle lotte intestine che stavano disgregando l’unione tra arabi.



Girando per le stradine, si nota qualche costruzione di stile arabo, caratterizzata dalla mancanza di finestre (non necessarie perché la luce proviene dal patio interno), e con l’ingresso a gomito, in modo da  impedire la visuale interna a chi passa.
Per consentire al viandante di rinfrescarsi senza dover entrare, all’esterno sono poste  grandi anfore piene d’acqua: è, oltre che un pensiero di vera accoglienza, un dono prezioso, vista la penuria di acqua in tutta la Spagna.
Fino a qualche tempo fa, il contatto tra i maschi e femmine, presso gli arabi, era limitato al “diritto a sedia”, cioè il fidanzato aveva il permesso di  sedersi vicino alla “gelosia” del balcone dove sostava la ragazza.

Il Ponte Nuovo

 Il maestoso Ponte nuovo, costruito nel XVIII s., collega la città antica, destinata alle abitazioni della classe ricca, al mercadillo, zona abitata dai meno abbienti, che erano per lo meno esonerati dal pagamento delle tasse.
Allungando lo sguardo nello strapiombo orrido, si intravedono dei mulini arabi, protetti da una  “muralla”; pare che sono stati attivi fino al 1950.
La mescolanza tra lo stile artistico arabo e quello cristiano ha prodotto lo stile mudèjar.

La cattedrale S. Maria la Mayor,  il cui campanile è un ex minareto - come in tutte le cattedrali che visiteremo – si presenta luccicante e piena di fiori, ma è anche particolarmente interessante per l’intreccio degli stili architettonici: infatti è insieme tardo-gotica e stile Rinascimento, a causa di un terremoto che la distrusse in parte.

Le due parti interne - gotica e Rinascimento - sono separate da un lavoratissimo coro centrale, quadrato, di pino rosso, come il tempietto usato per la processione della popolarissima processione del Corpus Domini.
Su storici leggii sono esposti  enormi incunaboli soprattutto musicali. Tolgono il fiato gli altari barocchi, i “retablos”, alti fino al soffitto, ridondanti di dorature, colonne a tortiglioni – dette salomoniche - intrecciati a tralci di uva, che nell’allegoria cristiana sono il simbolo della vita.


Il termine “barocco” viene – mi dicono - dal portoghese “barrueca”, parola che indicava la perla non perfetta.
 Gli scultori di immagini sacre si chiamano “imajineros”, mentre gli artisti del barocco che qui hanno prodotto tante opere sono i fratelli castillani Churriguera.
I piani degli altari sono  di argento lavorato, mentre le varie Madonne sono vestite a seconda del periodo liturgico.
Molte le confraternite, che tra l’altro organizzano le processioni della settimana santa, gareggiando per la ricchezza delle statue delle Madonne, piene di gioielli, abiti di broccato e ricami sontuosi.

All’inizio, le corride si disputavano nelle piazze principali, e gli uomini erano a cavallo (escuela de maestranza). Fu Pedro Romero a dettare le regole della corrida a piedi, un nome che ricorre, ma gli abitanti sono molto orgogliosi del loro concittadino, musico e poeta, Espinel, che  inventò la spinetta e la quinta corda della chitarra.

L’arena  di Ronda, che è la più grande di tutta la Spagna (66m.), è  annunciata all’esterno da una rotonda con  un toro di bronzo.

 Nei corridoi dell’arena sono esposti diversi manichini abbigliati con sontuosi costumi da corrida,  e una serie di copie delle litografie di Goya riguardanti la corrida completa la mostra. Si tratta della celebre “Tauromachia” di Goya.

 In molte arene spagnole è tradizione rendere omaggio al grande pittore con la corrida goyesca, durante la quale i toreri portano ricchi costumi neri.


 La prossima tappa, dopo Ronda, è  Cadiz; questa ventosa cittadina, che ha un palazzo della Posta,  un municipio e  un porto importanti, è legata alla terraferma solo da un istmo. Fu fondata dai Fenici, che, essendo alla ricerca di nuovi mercati, superarono  impavidi le colonne d’ Ercole malgrado la minaccia – lanciata dagli dei - di farli sprofondare negli inferi. Il mito vuole invece che  fu Ercole, per dimostrare la sua forza  al re Gerione di Esperia (=terra d’Occidente), a staccare alcune terre, tra cui, appunto, Cadiz .

Dopo la conquista da parte dei romani nessun popolo riuscì a colonizzare i fieri abitanti della città, che hanno eretto una statua a Lucio Columela, scrittore di agricoltura, e al patrizio romano Balbo.
 Vantano una Costituzione del 1812, firmata anche dai Savoia.      
La chiesa di S.Croce, che naturalmente è un’ex moschea, si fa ammirare non per l’architettura, ma   per le Madonne addolorate addobbatissime, e  per la suggestiva teca di cristallo con il Cristo morto.

 Lì vicino resto affascinata davanti a  un’edicola di ceramica raffigurante un Cristo legato alla colonna: è riccamente vestito alla araba, e scuro di viso e di capelli. 

Ecco ancora un’evidente, artistica  fusione arabo-cristiana che non mi stancherei mai di guardare, tanto mi soggioga!


 Rita Frattolillo © Tutti i diritti riservati 2016








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