lunedì 15 aprile 2013

Antonio Pettinicchi, un artista possente, vitale, trasfigurativo








di Rita Frattolillo

(nella foto con il pittore)

Al civico 60 di viale Elena, nel cuore di Campobasso, è aperta dal 28 marzo l’ultima, attesa personale di incisioni e pitture del Maestro Antonio Pettinicchi (Lucito, 1925). I  luminosi spazi  dell’elegante “Villino Madonna” , individuati da Vincenzo Manocchio e Laura Potito come sede della galleria d’arte Artes Contemporanea e  dell’attività del gruppo editoriale Regia Edizioni,  ospitano un buon numero di incisioni e diverse tele dell’anziano artista,  che da ben sei anni non esponeva. La mostra, la cui agenda prevede diversi appuntamenti con il pubblico, nel corso dei quali l’attore Stefano Sabelli leggerà canti scelti de La Divina Commedia contestualmente alla proiezione delle immagini riguardanti i quadri ispirati dal capolavoro dantesco al Maestro Pettinicchi, è stata curata dai critici d’arte Silvia Valente e Tommaso Evangelista, e rimarrà aperta fino all’11 maggio 2013, quando dovrebbe essere  pubblicata la monografia a cura di Tommaso Evangelista e Silvia Valente (Regia edizioni). La mostra illustra due aspetti, entrambi fondamentali, dell’attività dell’artista, la produzione incisoria e quella pittorica. La prima, in cui spicca il Ritratto della mamma, che fu scelto alla Biennale di Venezia del 1957, riguarda un lungo arco temporale (1949-1995)  e suggerisce  con estrema chiarezza - fin dal primo lavoro a puntasecca - a quale Molise guardava il giovane pittore appena uscito dall’Accademia: al Molise terra dei miseri e degli afflitti, di coloro che non hanno niente dalla vita e che nessuna epiphany si aspettano. Un tema  dominante nell’altissima poetica del Nostro, che nel 1984 confessava: “Sono attaccato alla mia terra e agli uomini che ci stanno e cerco nel mio lavoro di farli parlare. Essi possiedono già la forza espressiva, il tragico, il drammatico e anche il senso di pace. Questi pochi uomini liberi li amo, ne condivido le angosce, le pesanti rassegnazioni e l’attesa della fine”.