di
Rita Frattolillo
Il
professore di liceo P.P. Giannubilo, affascinato fin dal primo incontro dalla
personalità trasbordante, istrionica e multiforme di Gian Ruggero Manzoni, dopo
molti tentennamenti si decide a coglierne l’ostentata disponibilità a
raccontargli il suo passato inquietante. Prostrato da una sequela di traversie
personali, il professore scrittore ha necessità di “allontanarsi da sé”, e
immergersi nell’ascolto di Manzoni gli sembra un buon “diversivo”. Invece la
lunga, impattante intervista effettuata a Lugo di Romagna con Ruggero non solo
si rivela ben diversa dallo sperato “diversivo”, ma si ripercuote fortemente
sul travagliato stato d’animo del professore intervistatore, e ha un’eco
profonda sulla sua sensibilità di uomo e di intellettuale. Al viaggio tra i
tanti volti della brutalità di cui Ruggero- “Squalo” è stato capace, alla sua
discesa negli inferi, al degrado fisico e morale di chi “asseconda la sua
bulimia di vita e di sesso” corrisponde
di fatto il profondo coinvolgimento dell’intervistatore aspirante
biografo, il quale, scrutando e scavando nell’animo dell’altro, si lacera tra
sconcerto, dubbi e interrogativi. Ma, se Giannubilo riconosce che “La sua vita
è la favola nera più scioccante che io abbia mai ascoltato; un giacimento così
ricco, per uno scrittore, che all’inizio non sapevo cosa portare in
superficie”, la “confessione” spudoratamente franca - liberatoria - di Ruggero
getta lo scrittore biografo in un subbuglio di emozioni che porta a galla il
suo sofferto vissuto. Subbuglio che, con uno stile diretto, sincero e forte,
incisivo ed evocativo, Giannubilo esterna in analisi psicologiche “chirurgiche”
e in potenti flash, intrecciando le sue vicende con quelle dell’intervistato. Non solo le
vicende dell’uno e dell’altro si intrecciano, è la distanza “umana ed etica”
tra i due ex sconosciuti ad accorciarsi,
a causa dell’empatia che lo scrittore prova per Ruggero. Perché indagare,
scoprire quel passato ha significato per
Giannubilo guardarsi dentro, riconoscere di condividere con l’altro paure,
debolezze, contraddizioni, ma anche
l’ansia di lasciare traccia di sé, la necessità di rimanere umano a tutti i
costi.
Infatti,
se il Ruggero studente agitatore del DAMS, per sfuggire alla galera, era finito
ostaggio dei Servizi Segreti, i quali dopo un allucinante training lo avevano
destinato come corriere, killer e risolutore negli scenari di guerra
mediorientali e balcanici più feroci, incredibilmente, tra una “missione” e l’altra,
Ruggero-“Squalo” era riuscito a formarsi
come artista e letterato riscuotendo nella sua esistenza parallela grandi
successi - come la Biennale di Venezia. Finché eccessi e abiezioni non gli
presentano un conto salatissimo in termini di totale sfascio psico-fisico. Ma,
nel momento in cui tutto sembra perduto, lo “Squalo” ritrova traccia della sua
umanità annichilita quando diventa padre, e nel momento in cui, durante una
delle ultime “operazioni”, salva una ragazza serba dalle grinfie del suo aguzzino.
Allora trova la forza di iniziare la risalita.
Perdono divino/umano? Catarsi? Conversione?
Il
fatto che la salvezza della ragazza sia accostata al celeberrimo passaggio
della “Conversione dell’Innominato” riportato dal professore biografo (che cede
alla tentazione dell’omaggio al grande Alessandro), sembra chiaro il suggerimento per il lettore, che non si scolla dalla pagina e rimane con il fiato sospeso fino all’ultimo rigo in
attesa di altri colpi di scena.
E
dico “altri” pour cause, in quanto il
romanzo, a parte l’incipit un po’ troppo “riepilogativo”, proietta subito il lettore in un travolgente
film in 3D, ricco di scene incredibili che gli fanno
vivere - come fosse in prima linea - vicende e momenti mai immaginati, venendo a trovarsi in luoghi dove non avrebbe
mai voluto stare, pur sentendosi dalla parte del protagonista. E con eguale
maestria Giannubilo ricrea humus e umori della mitica generazione del ’77, la
stessa in cui era calato Ruggero, quella che voleva cambiare il mondo, e che invece
era finita sconfitta da AIDS e droga.
L’indiscutibile abilità del narratore gli ha
consentito di realizzare una biografia a tutto tondo di Ruggero (e dei membri
più significativi della galassia Manzoni), avvincente pur se a tratti cruda,
ardua, raccontata con lucidità e nitidezza, bene orchestrata, capace di fondere
alla perfezione realtà e finzione.
La
storia estrema di Ruggero Manzoni
richiedeva, d’altra parte, uno strumento
linguistico adeguato, capace di risucchiare il lettore nel suo vortice, e
quello di Giannubilo si è mostrato all’altezza.
Non
solo per la naturalezza con cui lo scrittore cambia registro passando dal forbito e aulico al gergo da
osteria, non solo per l’ampio respiro offerto dagli innumerevoli rimandi
e suggestioni, ma anche per
l’onda d’urto emotiva che sa scatenare
in certe pagine, che sono da antologia, come quella della visita domenicale di
Ruggero bambino alla nonna “algida”, o come la descrizione visionaria, dal ritmo incalzante, del brano
“Jubilee Street”- che non conoscevo e
che, affascinata, ho cercato su youtube. Infine le pagine sconvolgenti, da
pelle d’oca, che fanno penetrare in certi eventi della storia recente così crudele e oscura
aggiungono ulteriori atouts a "Il Risolutore", che si può considerare
un romanzo unico nel suo genere.
Rita
Frattolillo © tutti i diritti riservati 2019
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