domenica 8 maggio 2016

ANTONIO TROMBETTA, pioniere della fotografia



(Napoli,19.02. 1831 ‑ Campobasso 5.01.1915 )

di Rita Frattolillo

      Nato a Napoli nel 1831, fin da piccolo mostra grande inclinazione per l’arte e comincia a modellare  figurine nella creta e a dipingere su tela di nascosto dall’occhio vigile del padre.
Dopo tentativi per convincere il padre, ne ottiene  finalmente il consenso, e il ragazzo frequenta con profitto l'Accademia di Belle arti, dove sembra che sia stato compagno di studi di Palizzi e Morelli. Si dedica anche alla decorazione sotto la guida dei famosi fratelli Gagliano. Dopo un periodo trascorso in Marina Antonio torna a Napoli, dove lavora come decoratore, ma appunta la sua attenzione alla nascente arte fotografica


Chiamato a Pescolanciano (Molise) per decorare alcuni ambienti del palazzo ducale D'Alessandro, vi si stabilisce, ma poi va a Riccia, per altre commissioni come decoratore. La crisi economica che investe la Penisola nel periodo risorgimentale induce Trombetta ad affinare l'arte fotografica, intuendone i futuri sviluppi nella vita sociale della nazione. Innamoratosi di Annamaria De Paola, la sposa il 16.10.1858, mette su casa e nel 1861 apre anche un atelier fotografico. Infatti nel piccolo borgo i paesani preferiscono la foto al quadro, essendo più conveniente, e con quella decorano la loro casa. Non trascura la pittura, e infatti sono suoi dei lavori -non più esistenti - nel Santuario di Riccia  appena ricostruito (1863-64).
Si dedica con anima d’artista a risolvere le difficoltà anche tecniche della nuova arte, e 

 il primo ritratto eseguito nel Molise da lui è quello del “Lampionaio”, eseguito tra il 1850 e il 1860, come testimonia la nipote Ada, cultrice della storia e della civiltà del Molise (c.f.r. Lo specchio magico della realtà, editoriale del settimanale “Molise Oggi”, anno 12,n.34, 27.08.1989).
Intorno al 1860 – ha scritto Ada Trombetta – si era ancora molto lontani dal riprodurre la realtà anche nella sua molteplice varietà di colori(..)Alcune ipotesi cominciarono ad essere avanzate nel 1861 a livello teorico; l’attuazione pratica si ebbe nel 1904, con i fratelli Lumière e con tempi di posa così lunghi da renderne poco diffusa la produzione.”
 Sicché Antonio ha l’idea di “dipingere sui ritratti e sui paesaggi da lui fotografati con l’acquerello come su una tela, ben presto seguito in ciò dal figlio Alfredo, che preferì, poi, l’uso dei colori a tempera (ibidem).”
Antonio si abbona alle riviste del settore, tra cui “ Le Moniteur de la Photographie de Paris”, cosa che gli consente non solo di entrare in contatto con le novità in ambito europeo, ma anche di apportare “leggere modifiche ad uno stesso metodo, come fece a Napoli Macedonio Melloni in merito al dagherrotipo (ibidem).”
Supera difficoltà tecniche davanti alle quali altri si erano arrestati, tanto è vero che sul retro di alcuni cartoncini dei primi ritratti da lui eseguiti compare la scritta “Brevetto di invenzione sul doppio fondo fotografico - sistema Crozat- Antonio Trombetta- Riccia e Campobasso”. Lo sviluppo di Campobasso, divenuta città impegatizia, la sua evoluzione urbanistica, convincono Antonio a trasferirsi  nella città alle fine degli anni '60, e apre un nuovo atelier fotografico e pittorico di "Riccia e Campobasso".



Oltre all'attività nello studio, gira per i paesi portando con sé un 'book' con i formati e i tipi dei ritratti.
Proseguendo nell’opera di documentazione storica dell’arte e delle tradizioni del Molise, tra il 1880 e il 1890 Antonio  fotografa le litografie dei Misteri e delle strutture portanti, riprese dal vero e conformi alle bozze di Paolo Saverio Di Zinno eseguite dal disegnatore Pasquale Mattei per essere pubblicate nell’opera periodica “Poliorama pittoresco” del 1856 (Napoli).  “Le prime fotografie dei Misteri – ha scritto Paolo Matrella, fondatore dell’Associazione culturale Ada Trombetta di Campobasso -sono state fatte  per l’opuscolo di Vincenzo Ambrosiani nel 1884, i  cui fascicoli sono stati pubblicati in Francia nel 1885.”
 Anche il figlio Alfredo, nato nel 1879 dal secondo matrimonio, comincia a interessarsi al lavoro paterno, e dal 1895, terminato il corso della scuola di avviamento, entra 'ufficialmente' nello studio paterno. Da questo momento lo studio fa un salto di qualità quanto a contatti nazionali e anche internazionali. Il giovane è chiamato a collaborare alla rivista "La fotografia artistica", pubblicata a Torino e a Parigi, e scrive da intenditore sugli stili e le tecniche di settore.
Athos Mainardi, venuto il 1910 nel Molise quale inviato ministeriale per raccogliere materiale necessario all’Esposizione etnografica internazionale di Roma del 1911, si incontra con i Trombetta, e può ammirare le foto acquerellate dei costumi locali realizzate nel 1860, che considera preziose come “guida sicura nell’acquisto e nel controllo dei costumi (lettera di Mainardi al prof. F.Baldasseroni del 9.03.1910)”.

 Riscuotono tanto successo, quelle foto acquarellate, che vengono riprodotte su cartoline illustrate, e suscitano tale apprezzamento nel console britannico in Italia sir Charles Sidney, da farle riprodurre a Londra sulla rivista “Peasant Art in Italy”(1913).
Vincenzo Balsamo ne pubblica  le copie in un numero speciale sulla rivista "Lo Stadio". 
Nel 1911 esse costituiscono la base del patrimonio etnografico del costituendo Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma.


Nelle Esposizioni nazionali di Roma e Torino del 1911 “insigni artisti ed intenditori si soffermavano ammirati dinanzi alla sua[ di Antonio,n.d.r.] produzione fotografica, sorpresi che in un piccolo capoluogo di provincia meridionale splendesse tanta e così profonda luce di arte e di tecnica fotografica” (G. Masciotta).
Presso lo Studio Trombetta di Campobasso per circa tre lustri padre e figlio lavorano in binomio perfetto partecipando insieme a mostre nazionali ed internazionali, diffondendo la conoscenza del Molise sotto l’aspetto paesaggistico, storico-artistico ed economico.
Lo stesso anno 1911, al III Congresso Forografico, Alfredo propone l’istituzione in Italia di scuole per fotografi, contribuendo alla “legittimazione” dell’ingresso delle foto nei settimanali illustrati. Il vecchio leone, Antonio, muore il  5.01.1915.
La  morte di questo pioniere dell’arte fotografica è commemorata dai nomi più illustri e la figura ricordata con grande eco sulla stampa locale e nazionale. Sono qui riportate le principali commemorazioni, tratte dalla brochure "Antonio Trombetta" curata per il centenario della morte da Paolo Matrella (2016), perché danno un'idea fedele della fama e della stima di cui godeva Antonio tra i suoi contemporanei.

 Il sindaco di Riccia, V. Di Tempora, il 10 gennaio 1915 ricordava: “Egli trascorse in Riccia i migliori anni di sua vita:la giovinezza. Amò il nostro paese e fu ricambiato di uguale amore da tutti indistintamente, per la brillante giovialità, pel suo animo buono, pel suo carattere adamantino, per i suoi sentimenti squisitissimi di vero gentiluomo. Fu tra noi che sentì i primi giovanili entusiasmi per l’arte fotografica: quell’arte che da lui indefessamente coltivata e meravigliosamente perfezionata, doveva poi metterlo tra gli eletti e distinti figli del nostro Molise”.


Nella seduta comunale di Campobasso del 3 febbraio 1915, il consigliere Maiorino  espresse vivissimo rimpianto per la morte dell’ illustre artista, vanto e decoro del Molise: “La nostra regione deve essergli grata per averla Egli circonfusa della più viviva luce, e per avrle data rinomanza nelle diverse esposizioni in cui il Trombetta ebbe a concorrere e fu premiato con le maggiori onorificenze. (..)All’arte di Antonio Trombetta si deve se il Molise venne conosciuto e ammirato nella Esposizione di Torino, di Roma, e di altre moltissime città, e se su questa terra si sia rivolta persino l’attenzione dell’Augusta persona del re e di membri della Famiglia reale.”

Il deputato campobassano Eugenio Spetrino, durante la commemorazione, disse: “ Egli non fu solo l’artista moderno capace di giovarsi di tutti i grandi progressi della chimica e della tecnica fotografica, ma fu segnatamente una specie di precursore, perché anche quando il ritratto era una semplice riproduzione di ombre e di luci, egli anche attraverso le poche risorse dei tempi sentì il fascino dell’arte e riuscì a sottrarre il suo spirito da ogni volgarità di mestiere.
Del resto all’arte fotografica aveva dato tutto se stesso, chi lo conobbe e gli fu vicino seppe anche che egli non si discostò per un giorno solo dalla sua professione diletta e che perfino nel virtuoso ambiente della piccola famiglia sua aveva saputo trarre nuove e più fresche energie, di cui oggi è magnifica conferma la sicura ascensione del degno figliuolo di lui.”

Athos Mainardi, sulla Rivista Internazionale La Fotografia Artistica, Torino année XII, n.II, Février 1915, scrisse:  “Con Antonio Trombetta sparisce uno dei più forti ed appassionati artisti della Fotografia (…)
Valente pittore seppe subito dare alla Fotografia una spiccata impronta artistica. La bellissima collezione dei costumi molisani da Lui ritratti, attesta una tecnica abile e un grande gusto pittorico.”

Sulla Rassegna d’arte degli Abruzzi e del Molise, Roma anno IV comparve questo ricordo: “Il Trombetta  ebbe temperamento vero d’artista e lo rivelò tanto nella pittura decorativa, di cui restano saggi in parecchi comuni del Molise, quanto nella meravigliosa produzione fotografica.”

 Rita Frattolillo © Tutti i diritti riservati 2016








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