domenica 3 agosto 2014

5 luglio 2014 : Papa Bergoglio in Molise


di Rita Frattolillo


Viene il Papa da noi? Quando ha cominciato a trapelare la notizia, il primo sentimento è stato di incredulità. Perché ci avrebbe fatto il grande dono della sua presenza il Campione della fede più popolare del mondo? Siamo una regione piccola, insignificante, senza alcun peso nella dialettica nazionale,  tanto è vero che siamo sistematicamente snobbati da tutti i media in blocco, un po’ come succede ai sardi, che accedono agli onori ( si fa per dire) delle cronache televisive solo per qualche calamità o per gli scioperi selvaggi degli operai esasperati dall’immobilismo governativo. Insomma, siamo abituati a essere invisibili, salvo poi essere messi alla berlina da “Striscia” o essere  da “Report”.

Poco dopo,  però, l’incredulità e la sorpresa cedono il posto al ragionamento: Papa Francesco, già con il nome che si  è scelto, quello del poverello di Assisi, ha mostrato non solo di sceglierne il messaggio di semplicità e umiltà, ma anche e soprattutto la ferma volontà di rompere gli schemi, di tornare alla Chiesa delle origini, povera e vicina agli svantaggiati, ad un cristianesimo più convinto e penetrante. E infatti, al centro dell’alto ministero di questo Papa gesuita venuto “dalla fine del mondo”, come dichiarò  il 13 marzo 2013 al momento della sua proclamazione, c’è anche l’attenzione per le terre di periferia
(“luoghi privilegiati per tessere un dialogo con Dio”) come la nostra, per i piccoli comuni, per le popolazioni disagiate, e ogni suo gesto lo conferma: a Lampedusa come a Cagliari, a Sibari come ad Assisi e ora nel Molise, papa Francesco è il Pastore che vuole, che deve sentire “l’odore” del suo gregge e portare con la sua vicinanza la lezione evangelica calata nella realtà del vissuto quotidiano. E non è un caso che il nostro Arcivescovo, monsignor Giancarlo Bregantini, grande artefice di questo evento che resterà negli annali della  Storia della nostra intera comunità, abbia voluto, per la messa solenne celebrata dal Papa nel vecchio campo sportivo, un altare eretto in una capanna fatta di erba e canne intersecate, a ricordo di quelle abitate dai nostri pastori lungo i tratturi nel corso della transumanza. Tratturi che, con la benedizione dell’Arcivescovo ai pellegrini partiti da Campobasso, sono tornati ad animarsi  durante la Marcia della Pace giunta questo 8 giugno alla settima edizione.
Il Papa con l'Arcivescovo Bregantini

Con l’annuncio da parte della Santa Sede della data fissata per la visita pastorale del Santo Padre nella regione, sono cominciati gli interrogativi e le relative fibrillazioni : ce la faremo, con i mezzi a disposizione? I tempi non sono troppo stretti? La macchina organizzativa reggerà?
 Questo evento collocherà la nostra periferia sotto i riflettori del mondo intero,  arriveranno diverse centinaia di organi di stampa italiani e stranieri, e bisogna essere pronti, all’altezza del grande onore che riceviamo…
Il fulcro della visita pastorale è il capoluogo di regione, Campobasso, nominato quest’anno città della Pace, ma la giornata molisana del Santo Padre sarà un concentrato di luoghi significativi dal punto di vista spirituale e culturale. Infatti dopo la mattinata nel capoluogo, che prevede anche la sosta nella cattedrale e presso la casa di fra Immacolato Brienza, che fino all’ultimo respiro ha testimoniato l’offerta della sua sofferenza al Signore, il Pontefice giungerà nella basilica di Castelpetroso dove si raccoglierà in preghiera – come già aveva fatto san Karol Wojtyla - davanti all’Addolorata, patrona del Molise con Celestino V.
Nel piazzale antistante affiderà alla Madonna i giovani molisani e abruzzesi  - in fermento dalla mattina  nell’attesa  di aprirgli il loro cuore -  e si intratterrà con loro, li ascolterà.
 Poi raggiungerà Isernia (invasa da circa 70mila fedeli), dove, dopo aver visitato i reclusi nella casa circondariale, abbraccerà nella cattedrale i malati,  e in quella piazza proclamerà solennemente l’anno giubilare celestiniano per gli 800 anni dalla nascita di Pietro del Morrone.

Intanto, a Campobasso più d’uno, appena l’aveva saputo, s’era cerchiata la data del 5 luglio sul calendario, ma non ce n’era bisogno; bastava girarsi intorno per notare un fervore mai visto prima nell’abbellire ogni angolo della città, nel ripulire certe facciate di edifici, ridare l’asfalto, sistemare le aiuole, pavesare strade e piazze con l’immagine sorridente di Francesco, ripristinare il malandato ex campo sportivo “Romagnoli”, scelto definitivamente  - e molto opportunamente, trovandosi  nel cuore della città - dopo aver abbandonato l’idea di Selva Piana e della zona industriale. Diverse signore,  conosciuto l’itinerario che il Papa avrebbe percorso sulla sua auto bianca, aveva cominciato a tirare fuori dagli armadi i preziosi copriletti a tombolo degli antichi corredi: bisognava approntarli per stenderli ai balconi e alle finestre “in onore del Pontefice, così come facciamo quando sfila in processione Gesù Morto il venerdì santo,  la Madonna dei Monti alla fine di maggio, e quando passa per le vie centrali della città il Corpus Domini con i Misteri, a giugno”.

 Si prevede l’invasione pacifica di centomila pellegrini in una città che conta 50mila abitanti, un bel banco di prova per tutte le forze in campo, e sicuramente anche per il sindaco appena eletto, Antonio Battista, non c’è che dire!
Molti di quelli che avevano prenotato al mare, sulla vicina costa, sarebbero rientrati in città per partecipare al grande evento, e stringersi gioiosamente  intorno a questo Papa straordinario che in pochi mesi di pontificato con la sua schiettezza e il suo sorriso contagioso è riuscito a scongelare i tiepidi e gli scettici, e che con determinazione ed energia sta portando avanti una rivoluzione etica senza precedenti. E’ sotto agli occhi di tutti la lotta senza quartiere intrapresa contro la corruzione e i crimini di qualsiasi forma e colore, il perseguimento del rinnovamento spirituale e della trasparenza della macchina organizzativa vaticana, la chiarezza nel bandire gli ‘ndranghetisti e i loro accoliti, la sua sofferta compenetrazione nel farsi sismografo delle inquietudini morali, sociali ed economiche che travagliano l’umanità tutta.
L’ultima visita  di un pontefice in Molise risale al 1995, quando  è venuto Giovanni Paolo II, il “Globetrotter di Dio”, mentre la programmata visita di Benedetto XVI non ha  mai trovato realizzazione.
Nella nostra regione il rapporto tra Storia, fede e devozione popolare è molto antico e si radica proprio nella figura dei papi, prima tra tutti in quella  umile dell’undicesimo figlio di due contadini di questa terra, Pietro del Morrone, eletto Papa come Celestino V il 5 luglio del lontano 1294. Prima ancora, nel 1053, era stato un Papa tedesco, Leone IX, a finire tra i nostri monti. Vincenzo Di Sabato ha scritto di recente che Leone IX, muovendosi da Roma in direzione della Daunia, dove avrebbe dovuto stringere un patto con i Bizantini per contrastare l’avanzata normanna verso lo Stato Pontificio, venne fermato da una terribile piena del Biferno e dalla repulsione delle popolazioni appartenenti  a contee longobarde in contrasto tra loro. Mentre tutto sembrava perduto, il Papa cinquantunenne - Brunone dei conti di Dagsburg -  intravide, abbarbicata sulle alture, la rocca di Guardialfiera circondata da una manciata di case, e lì diresse la sua cavalcatura.
Giunto faticosamente in paese, venne rifocillato e accolto con tutti gli onori dal conte e dai guardiesi. Ripresosi, per esprimere la propria gratitudine a quella gente tanto ospitale, il Papa creò, in terra di Molise, la prima forma di indulgenza plenaria sine tempore.
 Da quel lontano episodio, di cui vanno giustamente fieri i guardiesi, nasce l’autorità religiosa sancita dal privilegio della Porta Santa realizzata successivamente nel portale nord-est della chiesa-madre dell’Assunta di Guardialfiera. 
 
Campobasso, i fedeli allo stadio vecchio
La mattina del 5 luglio, qualche minuto dopo le 8 scendo in strada per raggiungere l’Aula Magna dove è atteso il Pontefice per il primo, significativo momento della sua densa e intensa giornata, che prevede, emblematicamente, l’incontro con il mondo del lavoro e dell’industria. Cielo terso e sole splendente, non incontro un’anima: la città sembra vuota, non respira, l’aria è sospesa, carica del silenzio tipico dell’attesa. Poi, alla svolta, un primo grande assembramento di fedeli colorati e festosi: sono arrivati dalle regioni contermini e persino dalla Sicilia. Per tutta via Trivisonno (lo “stradone”), due lunghe ali di folla con  bandierine e  ombrellini da sole è assiepata alle transenne in attesa dell’atterraggio dell’elicottero bianco dell’aereonautica militare nel parking dell’Ateneo dove i lampioni sono stati rigati di rosso per una migliore visibilità. Sentiamo il ronzio dell’elicottero ancora prima di vederlo comparire, in cielo, e poco dopo, in lieve anticipo sull’orario, l’atterraggio. Scende nella sua veste candida, Papa Bergoglio, tra gli applausi e le acclamazioni di una folla composta, mentre operatori e  fotografi si accalcano.  Nell’Aula Magna gremita fino all’inverosimile, il Pontefice è accolto da 600 persone esultanti che ripetono entusiaste “Viva Francesco!”. Dopo l’indirizzo di benvenuto del Rettore Palmieri,  che, tratteggiate rapidamente la  tradizione rurale e le caratteristiche storico-culturali e socio-economiche della regione ,  ringrazia il Papa per aver scelto “la nostra piccola terra e per aver aperto il cuore alla speranza” , sono due rappresentanti del mondo del lavoro a dare la loro testimonianza. Parla a nome di tutti i colleghi la giovane operaia Fiat, Elisa Piermarino, con in braccio il figlio di 15 mesi e un altro in grembo. Si dice fiera di far parte di un gruppo di lavoro importante, anche se nel processo di ammodernamento aziendale si lascia sempre meno spazio ai lavoratori, e sono tante le piccole aziende del Molise che purtroppo registrano il crollo. Guarda con una certa fiducia al futuro, ma vive con paura il ricorso alla cassa integrazione. Mette a fuoco le difficoltà delle madri  lavoratrici, il loro impossibile compito di conciliare i loro diversi ruoli nell’assenza totale delle istituzioni, sorde ad ogni necessità.
E’ poi la volta di Gabriele Maglieri, 28 anni, di Riccia,  che, dopo la laurea in scienze agrarie conseguita nell’Ateneo campobassano, racconta di aver scelto di essere contadino continuando per passione la tradizione familiare, ma beninteso con spirito nuovo. Maglieri, imprenditore agricolo, amministratore del suo Comune, membro dell’ANCI giovani, parla della tecnica  agronomica alternativa chiamata “semina su sodo” da lui appresa in Argentina, dove essa è già realtà, grazie al suo professore Danilo Marandola, ricercatore dell’ENEA di Roma e direttore dell’Associazione Italiana Produttori Amici del Suolo (AIPAS).  Si tratta, continua Maglieri, di  un cambiamento tecnico-culturale necessario se vogliamo adeguare il sistema al nostro territorio, dove sono attive 27mila piccole aziende agricole.  La rete di agricoltori innovativi AIPAS condivide esperienze e novità nelle regioni contermini alla nostra, e anche in Umbria, ma è necessario suscitare nei giovani la passione e il rispetto per la terra, far capire loro che il creato cantato da San Francesco va custodito non solo come bellezza naturale da condividere, ma come fonte di sostentamento per famiglie e paesi interi. La custodia del creato, la dignità dell’uomo, la giustizia, sono i tre cardini  - conclude Maglieri - che potrebbero fare del Molise un laboratorio per il rilancio delle piccole aree rurali di tutta la Penisola.
Il Pontefice, assorto nell’ascolto,  sembra provato e le prime parole del suo discorso sono un soffio appena percepibile, poi si rinvigorisce e torna con forza sui temi che illuminano il suo alto ministero, riprendendo al tempo stesso le due testimonianze, che hanno chiuso il loro intervento ringraziando il Papa per la sua vicinanza, per la fiducia e  la speranza che infonde nei giovani.
Purtroppo sappiamo tutti che  i numeri della disoccupazione nel Molise sono impietosi e dipingono un quadro drammatico della situazione economica e sociale, perché la perdita di 17mila posti di lavoro crea difficoltà enormi alle famiglie e allontana i giovani dalla possibilità di trovare lavoro nella terra in cui sono nati. Se in Italia la media della disoccupazione si aggira sul 13 %, da noi sale al 18 %, e i dati della disoccupazione giovanile sono ancora più allarmanti: 48,9%; cioè un giovane (tra i 15 e i 24 anni)  su due è alla ricerca di un lavoro.
 Dio ci spinge ad essere creativi - è il primo pensiero del Pontefice - particolarmente quando c’è sofferenza, e l’impegno della ricerca nasce anche dalla necessità di rispondere alla crisi mondiale che ci attanaglia, che rischia di rubarci la speranza, ma che è una sfida da affrontare e superare.  La scelta del corso di laurea per fare l’agricoltore nella propria terra, aprendo allo sviluppo  nel rispetto della natura, far quindi diventare quella scelta una feconda opportunità anche per gli altri,  può essere una risposta; risposta essenziale se si vuole combattere la piaga dell’emigrazione.
Sono tanti, troppi i giovani costretti ad abbandonare la patria in cerca di lavoro per mancanza di prospettive a causa di una politica cieca e incompetente. Del resto, il Papa argentino di origini piemontesi sa bene di che cosa si tratta,  che cosa significhi affrontare altre realtà, costruirsi una  nuova vita. La formazione dei giovani è fondamentale - ha asserito il Papa in altre occasioni - per lavorare bene e con dignità.
Poi:  chi non lavora non muore di fame, ma  è il non portare il pane a casa che fa perdere la dignità. Insistendo sul concetto della dignità dell’uomo legata al lavoro, il Papa sottolinea la necessità di  rompere gli schemi; unendo la sua voce a quella dei lavoratori e degli imprenditori ribadisce che occorre attuare un patto per il lavoro  cogliendo le opportunità offerte dalle leggi nazionali e mettendo insieme le forze costruttive. Ma il lavoro non è tutto: c’è libertà nel lavorare la domenica? E’ indispensabile tenere aperti i negozi anche quel giorno? La domenica è e deve rimanere uno spazio riservato alla famiglia. Il tema della sacralità della domenica, giorno da dedicare a Dio e alla famiglia, riguarda particolarmente la presenza genitoriale.  A questo proposito il Papa ricorda che quando confessa chiede ai genitori se “perdono tempo” con i propri bambini, e aggiunge che bisogna ricordarsi di farlo, perché la priorità è il rapporto umano, l’amicizia, la famiglia. Mentre parla, Papa Bergoglio trasfonde fiducia e serenità, le sue parole arrivano dritte al cuore, ha questa capacità di annullare il diaframma tra sé e gli altri - il”prossimo”del dettato evangelico - e se la gente accorre e si affolla, gli  si stringe intorno, mostra entusiasmo per questa persona extra-ordinaria, lo fa perché lo sente vicino al proprio cuore, alle proprie sofferenze. La rivoluzione Bergoglio non è nata solo dalla volontà di venire come pellegrino tra noi scendendo dal trono e sedendosi alla mensa delle periferie del mondo, e neanche è nata soltanto dalla volontà di aprirsi alle nuove tecnologie, verso nuovi orizzonti che possano avvicinare il Vangelo al “prossimo”, ma si è sostanziata da subito con l’attenzione costante verso i poveri, gli emarginati, gli emigrati (e i migranti), i sofferenti. Attenzione che è amore per l’altro: aiutare l’altro è un sentimento che nel cristiano “riempie i vuoti, le voragini negative che il male apre nei cuori”,  liberandolo dalla tristezza.

Nell’omelia  pronunziata durante la messa solenne celebrata nella mattinata con i massimi esponenti del clero molisano e abruzzese nel “Romagnoli”,  che offriva un colpo d’occhio formidabile con i  20mila fedeli raccolti nella funzione sacra, il Pontefice tocca i temi della preghiera, della solidarietà e della carità, che sono “le vie maestre dell’evangelizzazione, quelle  che consentono di guardare al mondo e di sperare servendo Dio”. “Nella libertà di donare si realizza il popolo di Dio, e donare ci libera dalla tristezza, dalla paura, dai rimpianti, dalle lamentele. Dobbiamo avere il coraggio della nostra fede, e invece siamo più occupati a difenderci che a donare”. Non si stanca mai, questo Papa, di diffondere la cultura della solidarietà, perché “ nelle situazioni di precarietà materiale e spirituale occorre infondere coraggio e offrire il necessario per vivere”.
I suoi messaggi, che colpiscono per la loro immediatezza, creano cortocircuiti fertilissimi tra lezione evangelica e concretezza del fare. Sono parole di assoluta saggezza,  ispirate, oltre che dall’elevato ministero spirituale del Papa, dalla sua profonda umanità, dettate da un afflato che sembra spingerlo particolarmente verso che è disagiato. Di concerto con l’Arcivescovo Bregantini, il Pontefice, infatti, preferisce consumare oggi il proprio pasto con i poveri della Caritas di Campobasso, inaugurando la “Casa degli angeli di Papa Francesco” .
Straordinaria quanto unica la sua premura pastorale e la sua tenerezza materna per i malati (e tanti erano  quelli che  aspettavano un suo sorriso sia nella cattedrale di Campobasso che in quella di Isernia): il Papa sosta davanti ad ognuno non per posa, non come inutile spettatore della sofferenza altrui, ma come partecipe della sofferenza di Cristo, quasi a volersi caricare anch’egli quel fardello.

In questa giornata storica per la nostra comunità, in cui abbiamo conosciuto momenti di spiritualità, di canti, di riflessione, e in cui abbiamo saputo esprimere con la compostezza e la sobrietà che ci contraddistinguono l’ affetto e la  gioia per questo Pastore, che ha sopportato con apparente leggerezza il peso di un’esposizione continua, oltre alle fatiche materiali degli spostamenti per tutti i luoghi che ha toccato, tutto ha funzionato alla perfezione,  s’è vista una sinergia notevole, imponente il servizio di sicurezza coordinato a dovere dalla Polizia di Stato. L’Arcivescovo Bregantini nell’appello finale,  dopo aver ringraziato  chi ha lavorato per la buona riuscita dell’evento, e aver chiesto al Papa venia per qualche manchevolezza, ha affermato “Siamo Missione, della prossimità c’è bisogno, agli immigrati va la nostra preghiera e l’accoglienza”; poi : “il Molise ha bisogno di solidarietà e carità; Santità, non si stanchi mai di tenerci per mano, confortati dalla Madonna della Libera”.


Il giorno dopo, domenica 6 luglio, mentre il Presidente della Repubblica visita i luoghi della Grande guerra in occasione del centenario dal suo infausto inizio, mentre il Pontefice durante l’Angelus ringrazia urbi et orbi i molisani per il loro affetto, e Campobasso torna lentamente alla normalità - via le transenne che delimitavano il percorso papale,  ammucchiate le 20mila sedie servite ai fedeli per la messa solenne, spariti i venditori ambulanti di berretti, bandierine e bibite - penso che la giornata storica che abbiamo vissuto  con tanta emozione per essere davvero memorabile dovrebbe  scuotere dal torpore chi può per iniziare un cammino nuovo facendo tesoro delle perle di saggezza del Pontefice  e restituirci la dignità e il futuro.
Rita Frattolillo - tutti i diritti riservati

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