di Rita Frattolillo
La recente celebrazione risorgimentale, se ha avuto il merito di mettere qualche volta l’accento sul contributo dato dalle donne alla causa dell’Unità, cominciando a rimuovere il “Risorgimento invisibile”, ha purtroppo perso l’occasione di togliere dall’angolo le donne che, armi in pugno, resistettero – a torto o a ragione – all’invasione piemontese del territorio meridionale.
Fortunatamente, negli ultimi anni, la
letteratura sulla guerra “cafona”, che vide impegnati in una lotta senza
quartiere per anni, all’alba dell’Unità, i briganti contro i “galantuomini” e
contro i “Piemontesi”, si è arricchita di titoli importanti incentrati sulla
figura delle donne che, per forza, per amore o per convinzione, sparirono nei
boschi, e, vestite da uomo, imbracciarono uno schioppo entrando direttamente in
azione contro gli invasori, difendendo il Sud.
Quando,
dove e perché è nato il brigantaggio femminile? Quale fu la vita delle
brigantesse alla macchia? Il loro ruolo e la loro funzione nella banda? Quale
il loro rapporto con i maschi, il loro comportamento in combattimento, nei
processi e in prigionia?