Nella storia ci sono momenti in cui è doveroso e necessario intervenire, far sentire la propria voce e gridare il proprio sdegno nella melassa mediatica che strombazza sui diritti di assicurare a pochi, ignorando quelli dei molti senza voce e potere.
Ma l’omosessualità è
sempre esistita e praticata, anche per particolari contingenze storiche e
sociali,ma vissuta con naturale pudore e discrezione, senza bisogno di
esibizioni, pubblicità e spettacolarità spesso becere, se non triviali.
Ora, concordando sul giusto riconoscimento civile che assicuri loro diritti
patrimoniali e assistenziali, non si capisce l’imperiosa necessità di
travalicare in ambiti che attengono le strutture primarie della società umana,
oltre a millenarie sensibilità religiose.
Non si capisce cioè, la pretesa del
loro bisogno d’amore di concretizzarsi in un “oggetto” al di fuori della loro
coppia.
Questo oggetto-soggetto dovrebbe essere un bambino adottato o fatto
generare da una donna fecondata artificialmente, pagata all’uopo. Inaccettabile
poi, il Ddl. Cirinnà con l’equiparazione dell’unione civile al matrimonio e ai
diritti della famiglia naturale. I banali dibattiti a riguardo hanno
stomachevolmente usato neologismi tipo “coppie
omoaffettive”, o peggio affermato che “la
madre non c’è, la madre è un concetto antropologico !”

La famiglia naturale – si scrive e si dice – è
una categoria del passato, un mito letterario che ne ha adombrato tremori,violenze,
prevaricazioni, errori ed orrori perciò i piccoli crescerebbero meglio con due
mamme o due papà sereni, concordi ed in armonia. Facendo le dovute riserve
sulla concordia, serenità e armonia
anche delle coppie omo, vorrei richiamare l’origine della famiglia umana con la
sua connotazione divina, in tutte le religioni del mondo.

Dall’amore profondo di un maschio ed una femmina si può generare il
dono divino, la scintilla della vita.
La genitalità non può essere surrogata
dall’affettività. Un’attrazione affettiva può essere temporanea ed episodica,
non può sostituire una famiglia: un io
ed un tu; cioè la capacità di
superare il proprio egoismo e trascendere nel sistema di vita di un altro,
diverso ma complementare.
Certo si è imperfetti così come è imperfetta e
fragile la condizione umana; può essere straripante il dolore provocato
dall’urto della diversità; può essere faticoso ed impegnativo ricostruire
rapporti sciupati dalla quotidianità.
Ma amandosi e venendosi incontro,
perdonandosi e aiutandosi, i coniugi sperimentano la bellezza e la vertigine di
inoltrarsi l’uno nell’universo misterioso dell’altro.
L’esito di un cammino di
vita nella complementarietà è il figlio accolto e generato, gestato e
partorito, educato e fatto crescere.
Un padre che non abbia sofferto con la
moglie il nervosismo, le paure, le trepidazioni, gli sbalzi d’umore tipici della
gravidanza; che non sia stato accanto alla moglie durante il parto, impotente e
imbarazzato, non conoscerà neanche la sofferenza del figlio partorito a prezzo
di dolori lancinanti.
Non potrà mai capire il legame carnale e profondo che
lega il figlio alla madre e che solo
fisicamente verrà reciso.

Quella lacerazione costituirà la memoria perenne di
un dolore a cui il feto non saprà dare senso per tutta la sua esistenza. Sono
verità elementari attestate da biblioteche di studi e ricerche psicologiche e
neuropsichiatriche, così come è accertato che la formazione umana si compie
nell’equilibrato, inscindibile rapporto dell’elemento maschile e femminile.
Ora
un piccolo in fase di crescita, di formazione e di identità, vivendo con due
donne o due maschi, quando, dove, come, vede e constata la differenza di
genere? I piccoli imitano gli adulti, da essi imparano e traggono modelli per
la loro vita, quindi vivendo con gli omosessuali quali identità, idealità e
modi comportamentali possono adottare? Stiamo forse preparando generazioni di
omosessuali autodistruggendo la nostra civiltà occidentale prima dell’ISIS?
Non sarebbe stato
più opportuno predisporre occupazioni lavorative per i giovani invogliandoli
così a formarsi una famiglia, o ancora meglio, sostenere economicamente le
famiglie, legiferare rendendo obbligatorio il part-time per le mamme di piccoli
da zero a 14 anni?Per non parlare della necessità di infrastrutture che
affianchino le famiglie, a partire dagli asili nido alle scuole materne.
Sono
convinta in realtà che questo Ddl. sia l’ultima tappa di un processo di
decostruzione dell’intero sistema sociale e politico iniziato dagli anni ’70,
con lo svilimento e lo svuotamento culturale della scuola portato avanti con
vari Ddl. che hanno smantellato l’impianto gentiliano senza sostituirlo
con un’altra struttura organica e valida.

Si sono frantumati e svuotati i
contenuti in nome della modernità,
limitate perciò le materie umanistiche. Continuano però ad essere
ignorate le discipline scientifiche,
matematiche e linguistiche edulcorate dall’informatica, con buona pace
della “buona scuola” renziana.
Sono
stati eliminati tutti i filtri di acquisizione di conoscenze, di metodo,di
capacità e proprietà linguistiche, di strumenti critici previsti al
completamento dei diversi cicli scolastici,sopravvivendo un opaco,formale e
larvale esame di maturità.
D’altra parte, l’immissione massiccia in ruolo dei
docenti praticata da oltre un trentennio senza prassi concorsuale, ma solo ope legis ed eliminando qualsiasi
controllo e verifica di capacità didattica da parte dei dirigenti
scolastici,non poteva avere risultati diversi. Cosicché le nuove generazioni
appaiono appiattite e omogeneizzate, accomunate alle vecchie generazioni,
sfiduciate e rassegnate, nel disinteresse anche per questo Ddl. concepito da parlamentari
zoticoni, ignoranti, voltagabbana,senza dignità e credibilità, che continuano a
prosperare alle spalle di un popolo bue.
Nessun commento:
Posta un commento