Sull’onda del buon docufilm “Gabo”
mi sono riavvicinata al romanzo “Cent’anni
di solitudine” scritto nel 1967 dallo scrittore colombiano G.G. Màrquez (1927-2014), premio Nobel 1982.
Sono quattrocento pagine che con piglio epico
narrano la storia della famiglia Buendia lungo sei-sette generazioni, a
cominciare dal patriarca José Arcadio Buendía, il quale, dopo aver vagato a
lungo e inutilmente con altre famiglie
amiche nella sierra alla ricerca della costa, si ferma a fondare il villaggio di Macondo, vicino alla
grande palude. Di pari passo con la saga familiare, seguiamo la crescita di
Macondo, la sua “prosperità miracolosa”, ma anche la sua distruzione. Inizialmente
composto dapoche case di fango, esso si abbellisce via via con abitazioni in
mattoni e tetti di zinco, finché arriva la compagnia bananiera che porta lavoro
e nuove possibilità economiche. Anche la vita si anima, la gente si civilizza, conosce
il grammofono e il telefono, arriva la ferrovia.