Sicuramente
qualcuno adesso dirà che Barcellona è un’eccezione, che nelle aree interne
della Spagna la situazione non è così rosea. Quel che so, è che il Paese che
fino a qualche anno fa arrancava per guadagnare terreno rispetto ai partner
europei, adesso ci ha sorpassato, e di molto. Sono stata nella capitale della Catalunya dopo
un’assenza di oltre trent’anni. Città monumentale, di respiro europeo, ma soprattutto sono rimasta ammirata per gli enormi passi avanti compiuti nei più
diversi campi.
Anzitutto,
un’impressione di ordine e accuratezza: vigili, poliziotti e soldati gentili,
pronti a dare info, ma inflessibili nel far rispettare le regole; nessuna
deroga è ammessa: non esiste, qui, la “politica” di chiudere un occhio…Vigilanza
-discreta- anche sotto le stazioni della metropolitana, cosa che, oltre a dare
sicurezza, impedisce il passaggio a chi è sprovvisto di ticket. Perfettamente
sincronizzata la rete dei trasporti, funicolari, bus, tram, métro, questi
ultimi provvisti di schermi televisivi che forniscono notizie a getto continuo.
Dovunque,
si notano manifesti e locandine con la scritta “Bc neta”, “Bc guapa”, richiamo continuo a tenere la città pulita e bella. E non si
tratta di slogan pubblicitari, perché dalle parole si passa ai fatti: avvertimenti
ai padroni di cani a raccogliere gli escrementi, pena multe pecuniarie salate
(regolarmente inflitte); io stessa ho potuto notare gente raccogliere nel
sacchettino che si portava dietro le feci lasciate sul marciapiede dal proprio
cane…
Inutile
dire che la mia mente è andata subito alla nostra necessità di tenere gli occhi
fissi a terra, mentre camminiamo, se non vogliamo acciaccare qualche lascito
canino, e a quella ‘signora’ (ma poteva essere un bambino che scartava la
caramella o il gelato, quanti ne abbiamo visti!) che ha lasciato cadere dalla
sua auto, con proterva nonchalance, il pacchetto di sigarette vuoto. Inoltre,
noto con sorpresa che qui a Barcellona lungo piazze e parchi sono stati creati
spazi transennati ricoperti di terriccio
per consentire la passeggiata e i bisogni corporali ai cani, che girano
in museruola. Ho avuto anche modo di rinfrescarmi la memoria su come è fatta la
sagoma di un netturbino (pardon! operatore ecologico): infaticabili, girano a
bordo del loro camioncino a lustrare una città di tre milioni di abitanti
(compresa la cintura), agognata, e quindi trafficatissima meta del turismo
mondiale.
Le
scuole, poi, sono allocate in edifici più che dignitosi e, cosa che mi è
piaciuta molto, gli spazi più prestigiosi sono destinati alla cultura. Così,
non v’è museo o pinacoteca che non sia disposto in costruzioni di valore
storico e/o artistico notevole. Intelligente, poi, l’organizzazione divulgativa
per i numerosissimi visitatori, che vengono raggruppati in base alla lingua per
loro comprensibile, sì da poter seguire senza sforzo il tour operator.
Anzitutto, sono muniti di brochure esplicative, poi vengono fatti accomodare in
confortevoli salette audiovisive create all’interno della struttura, dove si
procede alla proiezione del documentario relativo al luogo che si sta
visitando. Infine, il gruppo si sposta nelle varie sale, assistito dalla guida
turistica. Certo, mi rendo conto che Barcellona non può essere paragonata ad
una cittadina periferica come la nostra, né
essere rappresentativa di tutta la Spagna, che magari qui l’alto livello
di sviluppo e civiltà raggiunto è anche – o
soprattutto – merito della Generalitat, che in ogni caso, è attiva e
lungimirante I catalani, anche se non
mancano di esibire i ritratti di Juan Carlos e di Sofia, hanno dimostrato con i
fatti di essere un popolo fiero di irriducibili autonomisti. Molto sangue è
stato versato per l’autonomia, e si ostinano a parlare e scrivere in catalano,
una lingua cristallizzata al periodo medievale, più vicina al Provenzale che al castigliano (che è la
lingua nazionale), a cui sono concesse, nell’orario scolastico, appena quattro
ore settimanali. Attaccatissimi al loro percorso identitario, dunque, alle loro
tradizioni, che tengono molto strette,
ma senza snobbare la modernità, anzi.
Qui
tutto è informatizzato, anche le ordinazioni al bar, e nello stesso tempo
aleggia il mito di Gaudì e Mirò, rivoluzionari rinnovatori dell’architettura e
dell’arte, ma anche di Verdaguer, che fu l’ispiratore del tempio della Sagrada
Familia, di tutti i vecchi Padri fondatori della Generalitat catalana, del re
conquistador Jaume primero (il Cid
catalano), di molti bisbe (vescovi), soprattutto di quelli che unirono
vocazione ecclesiastica e politica. Esempio molto significativo della capacità
di rinnovamento nel rispetto assoluto della tradizione, è la festa di San Jordi
(Giorgio), patrono di Barcellona tanto popolare che il suo scudo crociato
compare nell’antichissimo stemma della città (sicuramente anche per volere del
bisbe-governatore dell’epoca). Del santo cavaliere orientale (di cui si
conserva il femore in un prezioso reliquario d’argento massiccio presso la
Generalitat) raffigurato a cavallo, quasi sempre nell’atto di uccidere il
drago, ho contato diverse decine di statue, realizzate in tutti i materiali
possibili.
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Barcellona, la Sagrada Familia |
Fin qui, niente di nuovo, se non che la
principessa salvata da san Giorgio era la figlia del re catalano, e che il
santo le regalò una rosa rossa; per cui il 23 aprile la città, già di per sé
traboccante di fiorai, ne viene letteralmente sommersa, perché ogni uomo si fa
un dovere di rispettare la gentile tradizione, regalando alla propria donna
̶ di
qualunque età – la rosa rossa accompagnata da una spiga; fino a notte
inoltrata, si vedono i ritardatari fare la fila dai fiorai. Ma dove si intuisce
una chiara strategia di rinnovamento
nella continuità, è l’aver affiancato al
gesto del fiore quello di stimolare la cultura (e il mercato) grazie al regalo
di un libro che ogni donna fa al proprio uomo. Alle civettuole
edicole-librerie, numerose specialmente lungo le ramblas, si aggiungono, il 23
aprile, tantissime bancarelle di libri, prese d’assalto dalle donne,
sicché è curioso notare file di uomini dai fiorai e quelle delle
donne vicino ai libri, offerti a prezzi convenienti.
![]() |
Barcellona, la rambla |
Ho chiesto
il perché di questo binomio ad una ragazza, e ho appreso che, siccome in
quel giorno sono morti sia Cervantes, in Spagna
considerato alla stregua di un eroe (oltretutto fu ferito a Lepanto),
che Shakespeare, quella giornata è stata scelta come data della rinascita della
cultura, simboleggiata dai Premi alla cultura distribuiti dal re, e, appunto,
dall’omaggio di un libro. Che abisso tra questa e le “nostre” feste dei santi
patroni, che al massimo si concludono con la sagra dei cavatelli!…
©Rita
Frattolillo
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