7 marzo 2014
Raccolta ed elegante, attraversata dalla
lunga arteria intitolata al suo più illustre cittadino, il grande trageda Vittorio Alfieri, Asti è un piccolo
gioiello di arte monumentale poco nota ai turisti, ma del tutto degna di una
deviazione. La romana Hasta Pompeia fu sede del ducato longobardo della
Neustria, e nel medioevo ebbe il diritto di battere moneta per la sua
importanza commerciale (XII e XIII sec.). All’ingresso del centro storico ci
accoglie la Torre
Rossa risalente al periodo romano, la quale secondo la tradizione fu la
prigione di un milite romano
martirizzato per la sua fede, San Secondo, eletto dopo questa vicenda patrono dagli
astigiani. Proprio il suo martirio è celebrato in tele e affreschi ospitati
nelle diverse chiese della città, mentre le sue spoglie riposano nella cripta
romanica (del VII sec) dell’antica collegiata di S. Secondo, nell’omonima
piazza situata accanto al municipio, che è la
sede di un antico mercato.
Poco
dopo la Torre Rossa
inizia il corso V. Alfieri, su cui affacciano diversi palazzi sontuosi ed
austeri, come l’orfanotrofio Michelerio, il liceo Alfieri, il museo del
Risorgimento (qui trovo notevole la tela raffigurante la dama Luigia Sassi
Battistotti e quella che ritrae il senatore palermitano Settimo Ruggero).
Sul
corso, naturalmente, è situato Palazzo Alfieri,
adibito dal comune come casa-museo e biblioteca.
Il
palazzo dà sulla suggestiva piazza Cairoli, dominata dalla statua equestre di
Umberto I.
Di forma semicircolare come un teatro, è
caratterizzata dall’enorme platano piantato nel 1849, a cento anni dalla
nascita dell’Alfieri, che qui chiamano “Tojo”(Vittorio). A lui è intitolato
quasi tutto, in città, dai bar al teatro, e la lunga strada sfocia nella
omonima, enorme piazza, dove campeggia la sua statua marmorea, opera di
Giuseppe Dini (1820-1890) voluta nel 1862
dal comitato presieduto da M. D’Azeglio.
Il capostipite degli Alfieri si chiamava
Moneta, ed era orafo (come si evince dalla scritta che si legge sulla facciata
del palazzo degli Spagnoli, dove costui aveva bottega).
Ma c’è un altro Alfieri, Benedetto - cugino
di Antonio Amedeo, che era padre di Vittorio, nato a Roma nel 1699 e morto a
Torino nel 1767- che molto lavorò per i
Savoia, e che qui ad Asti diede un forte impulso architettonico disegnando
palazzi e chiese di gusto barocco, come la chiesa di S. Caterina e di S. Giuseppe.
Quest’ultima si raccomanda perché vi è sepolto il fondatore degli Oblati di S. Giuseppe,
G. Marello (26.12.1944 - 25.11.2001),
già vescovo di Acqui Terme.
La straordinaria cattedrale, dedicata
all’Assunta, raro e importante esempio di gotico piemontese, è nata per volontà
del papa Urbano II di ritorno dalla Francia, dove aveva predicato la I crociata, nel 1095. Le vicende
successive coinvolgono la costruzione in interventi di diversa natura, finché
all’inizio del XVIII il vescovo Milliavacca la fa trasformare secondo il gusto
barocco.
Altra modifica, questa volta nel
presbiterio, alla fine del XVIII e poi nel XIX sec.
I momenti decorativi di epoca diversa sono
individuabili tanto all’esterno, quanto all’interno. Notevoli alcune cappelle
gentilizie (Pelletta, Malabaila), per gli affreschi (del XV), i polittici (soprendente
la Genealogia della Vergine), il calice
del miracolo Eucaristico, con impresse le macchie di sangue (miracolo del 1718
riportato da Lorenzo Gentile nel 1921). Il presbiterio presenta il prezioso
pavimento musivo (sec.XII-XIII) con scene della storia di Sansone, mentre
l’altare maggiore, in marmi policromi, è stato realizzato su disegno (1732) di
Benedetto Alfieri.
La
cappella della Madonna grande ospita una straordinaria Madonna in rame
argentato e dorato, una vera rarità, creata dall’orafo astese G. Tommaso Groppa
per volere del vescovo Milliavacca, come ex voto per la vittoria di Torino sui
franco-spagnoli nel 1706. La stessa vittoria ha generato, a Torino, la basilica
di Superga e la chiesa reale di S.Cristina (piazza S.Carlo, attorniata da
bellissimi portici e dominata dalla statua equestre di E. Filiberto);
quest’ultima fu voluta dalla regina madre di V. Amedeo II, Giovanna Battista.
Dipinte nel 1510 e 1516, due preziose tavole
del Gandolfino: Sposalizio della Vergine
e Madonna col Bambino e il committente
Obertino Solaro. Unico nel suo genere, lo stupefacente gruppo in terracotta
raffigurante il Compianto del Cristo
morto addirittura del 1500, proveniente dalla cappella dei Malabaila. Le
bellissime vasche lustrali, poi, poste su capitelli corinzi rovesciati,
decorate con i motivi medievali di demoni, grifoni e draghi, sono antichissime, risalgono al
1200.
La città si distingue per l’elevato numero
di torri, tanto che sembra di stare nella toscana S. Gimignano, né mancano le “case-forti”
medievali, come palazzo Catena e quello del Podestà. Del periodo successivo, rinascimentale,
è invece palazzo Malabaila, che nel XVI sec.
ospitò nientemeno che Luigi XII di Francia.
Tra le diverse piazze, si distinguono piazza Roma, con il trionfale monumento all’Unità d’Italia e la torre
Comentina (abbellita da Leonetti Ottolenghi), e piazza Medici (personaggio milanese,
secondo Generale di Garibaldi, promotore dei volontari per la spedizione dei
Mille, nominato conte del Vascello; a lui
fu donato per i servigi resi il castello di Annone) con la centrale fontana
monumentale che celebra la realizzazione dell’acquedotto (1908, Cantarana).
Nella zona orientale della città si può
ammirare una rara sede di priorato gerosolimitano, ed è il complesso di S. Pietro
in Consavia, situato sulla piazza I Maggio. Il custode ci spiega che ormai è
diventato location molto richiesta per i matrimoni, che lì vengono celebrati dal
sindaco. Il complesso consta di una Rotonda, con 24 lati all’esterno (chiamata battistero
di S.Pietro), del XII sec, ed è un esempio di chiesa sorta a imitazione del
santo Sepolcro di Gerusalemme. Interessanti due piccole sculture, Madonna con
bambino e S.Caterina d’Alessandria. Il complesso appartenne fino al 1798
all’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme (dal 1530 denominato Ordine dei cavalieri
di Malta). Il complesso, oltre al campanile (ricostruito) e all’antico ospedale
(ora museo), ospita una stupenda cappella Valperga (aula quadrata, molto
decorata con fregi in terracotta e formelle a soggetto eterogeneo, intitolata
al Gran Priore di Lombardia Giorgio Valperga, morto nel 1467, qui sepolto e
celebrato come “massimo difensore della fede di Cristo e soldato della sacra
Religione), e il chiostro severo (qui
ammiro una lastra tombale alzata, facsimile di quella della chiesa di S.
Francesco a Ravenna, dove è sepolto, dal 1405, il beato Enrico Alfieri). Le
decorazioni esterne, con fregi in
terracotta, sono raffinate e molto belle. Girovaghiamo ancora, ammirando
l’eleganza delle vetrine e lo stile
sobrio degli abitanti che incrociamo, con l’orecchio teso a captare il loro
dialetto che sa di francese. L’atmosfera trasmette serenità e relax, invita
alla riflessione.
Questa è la città dove è nato Giorgio Faletti (25.11.1950), una
personalità creativa, versatile e piena di interessi, che è ben riuscita in
tutto quel che ha intrapreso, dai ruoli di cabarettista, attore comico,
compositore, cantante, alla scrittura. In particolare, ho amato la figura del
professore “carogna” da lui impersonato nei sequel Notte prima degli esami ( 2006) con quel filo di ironia che gli era
connaturato e che traspariva dallo sguardo azzurro, a tratti fanciullesco, che
lo rendeva così …unico. Poi, come autore di gialli-thriller-mozzafiato, ne ho
apprezzato sia la scrittura - molto moderna - che la trama, piena di colpi di
scena; ricordo che il primo thriller, Io uccido, del 2002, sorprese la
critica, che lo aveva etichettato come comico, mentre per l’ultimo, Io sono Dio, del 2009, fu accusato di essersi servito di un ghost wrighter. Uno dei peggiori difetti
italici è quello di etichettare le persone, e
queste disavventure lo
confermano. Non così il Presidente della Repubblica, che nel 2005 volle
conferirgli il prestigioso premio De Sica per la letteratura.
La sua prematura scomparsa, a 63 anni, il 4
luglio di quest’anno, mi è sinceramente dispiaciuta, e condivido appieno
l’omaggio dell’ultimo saluto che nella triste circostanza la lunga processione
silenziosa di cittadini gli ha voluto dare. Nei pochi giorni della mia visita
ad Asti, così raffinata e discreta, mi veniva naturale associarla a quel suo
figlio intelligente, sensibile, e talentuoso: Faletti non poteva che
essere cresciuto tra quelle strade e
quelle piazze, a contatto diretto con la cultura e l’arte che lì si respirano nelle
forme migliori.
2014 Tutti i diritti riservati
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