L'impulso a scrivere nasce come
sfogo, curiosità, fame e piacere di vita, poi può diventare bisogno, passione e
ossessione. Ci s'infila in un tunnel
simile a quello della droga: all'inizio vi si entra per star bene, poi ci si rimane
per non star male. Mi è venuto di pensarlo leggendo il romanzo di Rita
Frattolillo, Le ali del ritorno, che, come racconta l'autrice, ha avuto per
molti anni una gestione complicata, con pagine distrutte, accantonate, riprese
e rielaborate più volte "come un’ossessione che non si riesce a
vincere". Spesso infatti il lavoro dello scrittore (e lo dico da semplice
scrivente) è proprio questo: la riscrittura come parte integrante del processo
creativo. Lo diceva Flaubert: "Scrivere significa riscrivere”.
E queste
pagine della Frattolillo sono scritte e riscritte con un linguaggio chiaro,
scorrevole, tanto da sorprendermi quando mi sono imbattuto nel termine
"sincretico", il più ostico del romanzo. Un romanzo, va subito detto,
che rientra in quel filone illustre e popolare che ci hanno fatto amare autori
come Natalia Ginzburg, Isabelle Allende, Gabriel Garcia Marquez, Emily Bronte:
il genere Saga familiare.
Diario e racconto di un diario, Le ali del ritorno,
non ha struttura lineare, ascendente o discendente, ma circolare e corale
costruita sullo sfondo di interni ed esterni familiari. Un mosaico di
rimembranze, affetti, conflitti, commozioni e ricordi in un gioco di specchi,
di rimandi generazionali e di appartenenze condivise tra madri, sorelle,
figlie, cugini, nonni, padri, zii, mariti e soprattutto nipoti. Una saga
familiare che profuma di provincia sprovincializzata dove circola voglia di
mondo, orgoglio delle radici, cultura come religione e, appunto, scrittura come
"recidiva".
Termine questo che uso non a caso poiché riflette, come
gioco di specchi, l'altra "recidiva", il male che segna la vita di
Livia, la protagonista, e dà al romanzo un'impennata drammatica. Comincia così,
con la "sparviera" in agguato, l'eterno duello con la vita affrontato
con consapevolezza e raccontato da Livia, cioè da Rita stessa, con esemplare
lucidità sdoppiando se stessa "per sembrare serena ed evitare il
tracollo". Racconta una delle nipoti: "Leggere e scrivere aiutano la
nonna a vivere, a dialogare con se stessa e, per guardare oltre, cercare lo zen
distaccandosi dal quotidiano e volando alto estraniandosi dalle
sofferenze." Cioè una metodologia dello spirito che non è un banale lieto
fine.
Rita
Frattolillo © tutti i diritti riservati 2018
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