
Ma delle madri fondatrici − e delle eroine −, che notizie?
Eppure, sono esistite, e non solo nella finzione letteraria, non solo l’appassionata Vanina Vanini creata dalla feconda penna di Stendhal e riproposta da Rossellini nell’omonimo film del 1956.
Donne vere, in carne ed ossa, a cominciare dalla “madre fondatrice” Cristina Trivulzio di Belgioioso. E continuando con mogli e compagne coraggiose, come Teresa Casati, che si piegò fino a chiedere la grazia per il marito Federico Gonfalonieri, seguendolo di carcere in carcere fino alla fine, o come Enrichetta Di Lorenzo, compagna di Carlo Pisacane nella lotta, nelle traversie e nella miseria.
Oppure come la giornalista inglese Jessie White, che, inviata del Daily News, si innamorò dell’Italia fino a dedicarsi attivamente alla causa dell’Unità. Sposa del garibaldino Alberto Mario, che aveva conosciuto in carcere, fu la biografa di Mazzini e Garibaldi.
La più fortunata perché più conosciuta, non solo per la sua personalità di outsider, ma soprattutto grazie al cognome acquisito, è stata Anita Ribeiro Garibaldi, l’unica – mi risulta − ad essere ricordata con monumenti a lei dedicati. Nessuna meraviglia, dal momento che le poche donne passate alla storia scritta devono quasi sempre la loro notorietà allo stretto grado di parentela con i grandi uomini. Un nome per tutti, Maria Drago, madre di Mazzini.